lunedì 12 marzo 2012

letteratura III G

Il Decadentismo

Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento l’Europa era pervasa da una espansione economica che tuttavia creò, in un gruppo di artisti e di intellettuali uno stato di malessere motivato in particolar modo:
  • dal divario esistente tra gli scopi della letteratura e le tendenze della società industriale del tempo, in cui le persone venivano valutate per ciò che producevano;
  • dalla perdita di specificità del singolo individuo;
  • dall’introduzione di criteri di mercato anche nella letteratura.
Come reazione a questo malessere, l’artista manifestò il rifiuto e l’isolamento dalla società che lo riteneva un elemento “improduttivo”, esprimendo ideali provocatori, anticonformistici e critici rispetto alla mentalità del momento e ai costumi della borghesia produttiva.
Partendo da questo divario esistente tra l’artista e la società si sviluppò in Francia il movimento del Decadentismo. Il termine “decadenza”, utilizzato per la prima volta da Paul Verlaine, indicava uno stato d’animo di stanchezza, di sfinimento spirituale, di attesa della fine. Nel 1880 a Parigi fu fondata la scuola letteraria del Decadentismo i cui contenuti principali furono:
  1. la critica della scienza, ritenuta non in grado di spiegare tutto l’esistente;
  2. la convinzione che in ogni uomo si trovano zone oscure e profonde, a cui non è possibile arrivare con la sola ragione, e che il mondo è animato da forze misteriose non comprensibili all’uomo;
  3. l’esaltazione della bellezza, come regola di vita e ideale supremo;
  4. l’affermazione della superiorità della poesia.
Partendo da queste convinzioni i poeti decadenti idearono l’ideale della poesia pura, cioè di una poesia fine a se stessa, che tende a svelare la verità nascosta dietro l’apparenza delle cose. Per realizzare quanto ideato, fecero ricorso a nuove forme e tecniche poetiche:
®    scelta di parole suggestive;
®    costruzioni sintattiche di significato oscuro o ambiguo;
®    utilizzo di metafore e analogie.
In Italia, gli artisti che più degli altri adottarono queste tematiche furono:
ü  Giovanni Pascoli, che espresse il mistero della vita e le corrispondenze tra l’uomo e la natura;
ü  Gabriele D’Annunzio, che diede vita all’ideale del superuomo, un individuo dotato di qualità superiori, libero da vincoli morali e sentimenti;
ü  Italo Svevo, nei cui romanzi i protagonisti sono degli “inetti”, persone deboli e influenzabili, dalla psicologia complessa e tortuosa;
ü  Luigi Pirandello, secondo il quale non esiste una personalità ben definita, ma al suo posto esistono le “maschere”, che ogni uomo impone a se stesso oppure che la società gli fa indossare.

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